mercoledì 17 settembre 2014

Lo spazio della nebbia


Da poco ho iniziato l’esperienza delle escursioni sui bellissimi Colli Euganei  e dintorni, il tutto mi piace, e poche volte nella vita ho intrapreso viaggi che richiedono un coinvolgimento sia personale che fisico.
E’ abbastanza intuitivo capire perché in senso fisico, visto i sentieri del tutto naturali, dimenticati e selvaggi, che abitano i colli e che rendono poco agevoli i movimenti e la camminata. Mentre per il lato personale, parliamo di una sensazione che ho da sempre quando mi trovo immersa nel verde e ascolto i silenzi melodici ,ma  sempre con un po’ di circospezione, sapendo bene che quella non è, fisicamente, la mia dimora ed io sono soltanto un ospite nella casa degli animali. Per me la sensazione non è paragonabile a nulla di terreno e sono quindi ogni volta, più emozionata che mai. Io mi sento di raccontarla così:
Il viaggio è lungo quando la  solitudine bussa alla tua porta, ed è roccioso, increspato quando i piedi chiedono il permesso di entrare, di calpestare quel terreno ancora bagnato e fradicio, di vecchie piogge, fattesi sentire nel corso dei giorni. Ti incammini mentre il sole è alto, bacia le foglie e si insinua fra i rami della foresta,  si sparge a terra come polvere e poi ti ricorda l’espansione ed il contatto, fra il cielo e la terra, fra il bene e il male; e  tu sei lì, all’equilibrio.  Parti così a mille proprio come il giorno che seduce,  anche se attorno,piano  piano, distese di ombre e di silenzi ti osservano in ogni passo e aspettano in agguati i segnali di un possibile cedimento. Nessun pensiero nella tua mente, nessun peso. Soltanto il  tempo, appesantisce il carico e smorza il fiato, in tanti vari momenti, ma tu decidi di proseguire lo stesso, perché il cammino sconosciuto è ancora lungo e sollecita ogni tua curiosità. Capita di cadere, e con le mani rialzarsi per continuare a seguire la direzione . Ma se la fiamma della tua curiosità si spegne all'improvviso dopo avere conosciuto l’espressione della fatica e la difficoltà della salita, ti perdi in te stesso e nella paura. Ti fermi un attimo a riflettere anche se questo non basterà a darti delle risposte del tutto concrete. E così,  una volta terminato il viaggio, i tuoi muscoli sono stremati e la spensieratezza, offuscata da un indesiderato ritorno alla routine, lascia libero arbitrio ai pensieri più superflui. Saranno proprio questi pensieri che,purtroppo, sprofonderanno la tua anima in un oceano di ossessioni,inutili preoccupazioni e turbamenti. Alla fine del percorso non ci saranno più sentieri naturali ma boschi artificiali di strade invisibili costruite dall’uomo, come in un grande paradosso, strade infangate più del terriccio bruno appena lasciatosi alle spalle. Questo, per me, è il sinonimo di smarrimento, nella vita, dal momento in cui il tuo corpo prende una direzione e lascia il pensiero in rovine vecchie e perdute dove, è frantumato e perso fra rovi, qua e là, il tuo cuore in tanti piccoli pezzettini che si chiamano ricordi. La sfida è diventata quindi ricomporre il sentimento e riconoscere alla fine di tutto, se stessi, nel grande puzzle.  Ma se tutto questo diventa una cima troppo lontana, così ardua, a volte, da impedire di vedere i compagni silenziosi e di luce che ti indicano la via, allora è inevitabile il pronunciarsi delle tenebre che con il loro abbraccio ti porteranno verso una schietta e terribile presa coscienza di un fallimento.
Con forza il tuo piede continuerà a camminare.  Arriverai ai “mille metri” dove scorgerai un angolo di mondo sperduto, e tuo, perché  non hai perso la curiosità e la capacità di guardare lontano, dove gli occhi persi all'orizzonte,  acquistano incredibili sensazioni alate per raggiungere lo spazio della nebbia, laddove la tua anima, si spargerà ai confini del nulla.


Vale

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