mercoledì 16 settembre 2015

Paura e sofferenza

Ci sono certe teorie riguardo al dolore e alla paura che sento di condividere per dimostrare quanto possano essere importanti e fondamentali per passare ad un passaggio successivo di miglioramento personale e di fiducia nelle proprie capacità. Sono due aspetti diversi ma altrettanto simili, sono due porte per una comprensione più spontanea verso se stessi , che spesso sottovalutiamo o peggio pensando che siano aspetti puramente negativi e inutili. Il dolore non è mai un elemento di benessere mentre lo viviamo, ma è una perla racchiusa in un'ostrica poi, quando lo rivediamo dalla giusta prospettiva riuscendo quasi ad apprezzarlo e a toccarlo per quello che porterà poi in un futuro non troppo lontano. Una delle cose più difficili è proprio quella di sedersi ad ascoltarlo e passarci attraverso lasciando a casa le aspettative e le convinzioni che ci hanno trapanato nella testa da sempre. Molti affermano che il dolore corporeo sia una chiave per riuscire a toccare il limite assoluto e arrivare così a sentire quel nocciolo di verità racchiuso dentro di noi ma offuscato da questa società che allontana, standardizza, suddivide e divide da tutto quello che siamo stati all'origine dei tempi. Quando il dolore diventa fisico ma anche spirituale si arriva a sentire una sensazione di vuoto, un vuoto grande che abbiamo perso e che ci riporta a quello che siamo,  ci spoglia e ci porta ad ascoltarci come mai non siamo riusciti a fare. Ecco perche ci hanno sempre fatto credere che il dolore deve essere necessariamente curato con qualsiasi tecnica o farmaco, e in altri casi anche prevenuto. In questo modo creiamo la massa e diventiamo macchine telecomandate a distanza senza alcuna consapevolezza e se non pensiamo al dolore come a un qualcosa che deve essere evitato come la peste diventiamo pericolosi, sempre più vicini a sensazioni proibite che trasformano e migliorano, e che danno consapevolezza  all'uomo di essere vivo.
Ovviamente ci sono diversi dolori , i quali ognuno con caratteristiche che andrebbero approfondite in maniera diversa. Il dolore di per se non è bello eppure se abbiamo un lato positivo dentro di noi riusciamo quasi a trovarne uno scorcio essenziale. Come si può riconoscere il senso del benessere senza soffrire un po, e  la felicità senza attraversare un po di dolore ? Una frase di cornice ma un pochino fa riflettere. Ci sono poi alcune definizioni interessanti riguardo alla salute, cos'è davvero? Chi ha definito il termine "salute"? È sempre "valido"?
Qui si apre un mondo di cose, consiglio di leggere tanti libri al riguardo che sono davvero costruttivi. Magari riproduco qui una delle cose che mi è successo di trovare riguardo alla salute, a grandi linee diceva cosi:
"Un uomo può definirsi sano quando non è malato, un uomo ritorna in salute quando la malattia cessa, perciò la salute non può esistere senza essa" questo fa pensare un bel po,  non trovo del tutto sbagliato queste frasi (che ho riscritto secondo ciò che ricordo)  che mi riportano alle porte di un pensiero su cui credo cioè che in questo mondo ogni cosa è collegata e che spesso una non può esistere senza un'altra. Ora non vorrei essere linciata per questa affermazione, ne sento di dare una medaglia al dolore ma penso che sia molto importante sentire la sofferenza che ci accade, non nascondiamola, non sopprimiamola per una vergogna ma soltanto siamo un attimino più consapevoli di quello che siamo. Il problema è che spesso diventiamo delle pecore nere e magari con le dicerie di oggi portiamo anche sfortuna a chi ci sta intorno. Ma la domanda che mi sporge spontanea è: CHI CI STA INTORNO?
Forse qualcuno che non riesce sentire le vibrazioni giuste, che no sa ascoltare le onde che emaniamo nel silenzio.  Forse qualcuno che la sfiga ce l'ha nell'arroganza di sapere tutto di tutti. Allora forse sono queste persone che hanno bisogno di un po di sofferenza, non intesa come male, ma come momento, ed esperienza, da vivere ,che può regalare un nuovo paio di occhiali permettendo una vista più estesa delle cose. Non è sicuramente semplice trasformare una sofferenza in un'esperienza importante da custodire ma a volte non restano altre soluzioni, e per questo motivo ci spingiamo un po oltre.
Per qualche tipo di esperienza vissuta mi sento di dire che lo stress fisico quando va oltre i limiti corporei può spalancare dentro di noi grandi vuoti e luoghi misteriosi dove i sensi si affinano, diventano più attenti, dove dentro di noi si sviluppano forme astrali così primitive, così selvagge e così spoglie da portarci direttamente al centro di quello che noi siamo. C'è proprio un momento in cui il corpo affaticato spinge a una trasformazione, e avviene tutto in modo molto naturale e spontaneo, come quando sbocciano i fiori,  o la farfalla esce dal bozzolo. È come se la sofferenza d'improvviso cominciasse a smantellare tutti i pensieri e le paure inutili e in quel momento l'unica meta a formarsi nella testa sia una fine, la fine di quella sofferenza, un porto sicuro dove riposare, ma non si vede  la fine di tutto quel grande mare in tempesta. Cosi non ci resta altro che sopravvivere e per farlo, si diventa amici del nemico. Passare tanto tempo in uno stato di zona rossa porta ad ascoltarlo, ad entrarci dentro e viverlo a contatto diretto per conoscerlo, capirlo, per imparare ad amarlo. È difficile da spiegare e non posso dimostrare come accade a parole, ma  succede. Succede e basta. E d'improvviso ci si ritrova più coscienti di se stessi. È una sensazione unica, un contatto con la vita unico e prezioso e poco conosciuto, magari spesso sottovalutato. Penso comunque che ognuno debba provare a cercare, per trovare una connessione con la propria anima attraverso il mezzo che ritiene più opportuno. Almeno una volta, provare ad incontrare se stesso.
La sofferenza può, a mio modo di vedere le cose, trasformarsi in una chiave di vita importante quanto difficile da comprendere. La paura fa altrettanto, come campanello d'allarme ci avvisa che stiamo entrando in zone buie non conosciute,ci sbarra la strada come sasso e macigno. Ma senza di essa non potremmo mai dire di essere riusciti a camminare oltre.
Vale